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Il Carpegna mi basta…

Quando esco in allenamento da solo, ed è il più delle volte, questo è uno dei giri che amo. Fino a San Marino niente di speciale. Ma da lì in avanti comincia il bello. Strade tranquille, tracciato nervoso. Con continui saliscendi. E qualche severa impennata.

La prima è quella che, passato Montemaggio, va su a San Leo. E da lì alla Madonna di Pugliano e al successivo valico. In una decina di chilometri si sale fin quasi a 1000 metri.

Ma la salita più impegnativa della giornata non è questa. È la successiva.

È quella che da Caturchio si arrampica sul Monte Carpegna. Nella parte iniziale non è molto ripida. È tra il 6 e l’8 per cento. Il tratto più duro arriva passato il paese di Carpegna. Sono sei, sette chilometri con pendenza media del 10 per cento. Gli ultimi due, fin sotto la vetta a 1360 metri sul mare, li chiamiamo il Cippo e sono i più ripidi, sul 12 per cento. In quel tratto utilizzo il 39 x 19/21. Certo, questa non è una salita come quelle delle Alpi che mi hanno reso famoso. Ma per allenarmi bene mi basta, e come…

Altri corridori fanno allenamenti scientifici. Salgono e scendono più volte sulla stessa salita. Fanno tratti spingendo rapporti durissimi. Cronometrano ogni metro. Stanno incollati con gli occhi al cardiofrequenzimetro. Io no. Io sto attento alle mie sensazioni. Anche la salita la sento. Esattamente come quando sono in corsa. Scatto e allungo. Scatto e allungo. Lo so che i miei scatti lasciano il segno. Fanno male. I miei avversari ne sanno qualcosa. Quando nel 1998 sul Galibier ho staccato Jan Ullrich e gli altri, ho fatto il vuoto col 39 x 17 e poi, in progressione, ho scalato sul 16 e il 15. Dei miei attacchi in salita sanno qualcosa anche i compagni di squadra, quando esco in allenamento con loro. Ma fa niente, poi in cima li aspetto.

È sul Carpegna che ho preparato tante mie vittorie. Non ho bisogno, prima di un Giro o di un Tour, di provare a una a una tutte le grandi salite. Una sola volta, se ricordo bene, sono andato a dare un’occhiata in anticipo al Mortirolo e al Montecampione. Ma in macchina. E non mi è servito neanche molto.
Il Carpegna mi basta. Da Coppi in poi, è una salita che ha fatto la storia del ciclismo e ogni tanto anche il Giro c’è passato. Io non le conto più le volte che l’ho fatta, allenandomi. Direte che sono un tradizionalista. Forse sì. Sempre ad allenarmi sulle stesse strade di casa. Sempre a spingere gli stessi rapporti, gli stessi che uso in corsa. Sempre in giro senza borraccia, perché mi bastano quelle quattro fontane che so io dove sono. Una proprio a Carpegna, il paese.

E allora il Mortirolo, o il Mont Ventoux, o le altre grandi salite? No, non mi fanno paura. In corsa le sento subito mie. Volete sapere con quali rapporti le ho affrontate in gara? Il Mortirolo col 39 x 21/23. Il Mont Ventoux, testa a testa con Armstrong, col 39 x 17/19/21. Ma quel giorno c’era vento contrario, i rapporti non fanno testo.

Torniamo alle mie montagne di casa, quelle del Montefeltro. Dal culmine del Carpegna vado giù in picchiata a Pennabilli. E dalla valle, pochi chilometri più avanti, decido magari di risalire a San Leo, per la strada di Serra di Maiolo. È anche questa una salita duretta, con lunghi tratti al 10 per cento. Dalla cima c’è una bellissima vista della Rocca di San Leo. Sempre in discesa passo il paese. E via verso casa.

A meno che voglia di nuovo arrampicarmi verso San Marino. Per Torello e Acquaviva. È la salita che conclude la Coppa Placci, la più importante corsa in linea che si disputa da queste parti.

Marco Pantani

Marco domani fagli vedere a questi pseudo-corridori di oggi come si scalano le montagne, come solo tu sapevi fare prima che ti spezzassero le ali..

4 risposte su “Il Carpegna mi basta…”

Consiglio a Samuele di informarsi prima di dire cavolate come quella che ha scritto. E comunque non ci fa una bella figura nell’ammiccare a questioni che ormai dovrebbero essere note ai più, tirando in ballo una persona che se ne è andata per non volersi più difendere da attacchi di ogni genere (compresi quelli di chi si dava di gomito parlando come Samuele).
Per punizione a Samuele infliggo tre scalate del Carpegna, così capisce cosa vuol dire essere un corridore, uno scalatore, chi era Marco.
Antonio

Samuele sei il solito italiano detrattore che un po’ per invidia e un po’ per ignoranza si diverte a criticare (persino chi non è più tra noi) chi dovrebbe essere considerato patrimonio dello sport mondiale e fiore all’occhiello della nostra nazione.
Intanto sulla questione nemmeno ti rispondo ma ti invito caldamente a informarti prima di parlare di qualsiasi argomento ma a maggior ragione di cose che ledono la credibilità di uno sportivo.
Saluti

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